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Un pacchetto per alleggerire il peso normativo
Il Pacchetto Omnibus nasce con l’obiettivo di armonizzare e rendere più snella l’applicazione delle normative ESG, tra cui la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive), la Tassonomia UE e il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism).
Tra le proposte più discusse:
- L’aumento della soglia per il reporting obbligatorio CSRD da 250 a 1.000 dipendenti, riducendo l’onere per circa l’85% delle aziende attualmente coinvolte.
- L’eliminazione dell’obbligo di rendicontazione per le PMI quotate, che potrebbero comunque aderire su base volontaria.
- L’introduzione di un nuovo standard volontario basato sul framework VSME di EFRAG.
- Il rinvio di due anni per l’applicazione delle direttive CSRD e CSDDD.
Questi cambiamenti hanno suscitato reazioni contrastanti: da un lato, molte imprese accolgono con favore la riduzione della burocrazia, dall’altro, c’è il timore che la normativa venga annacquata, con un impatto negativo sulla trasparenza e sulla credibilità degli impegni ESG.
Semplificazione o incognita regolatoria?
Il punto critico sollevato dagli esperti riguarda la possibilità che il Pacchetto Omnibus renda il quadro normativo meno stabile, creando incertezza tra le aziende che hanno già investito ingenti risorse per conformarsi agli standard attuali.
Alcune imprese potrebbero ritardare i loro piani ESG, aspettando di capire se e come le normative cambieranno. Questo potrebbe tradursi in un rallentamento generale degli investimenti sostenibili, proprio in un momento in cui la pressione degli stakeholder è più alta che mai.
Tuttavia, i sostenitori della proposta affermano che l’obiettivo non è ridurre la trasparenza, ma evitare un eccessivo carico amministrativo, specialmente per le piccole e medie imprese che faticano a gestire la complessità delle normative ESG.
L’Europa e il confronto con gli standard globali
Un altro aspetto rilevante è il confronto con le regolamentazioni internazionali. Mentre l’UE punta su un sistema di doppia materialità e obblighi stringenti, gli Stati Uniti con la SEC (Securities and Exchange Commission) si concentrano solo su alcuni aspetti ambientali, come le emissioni Scope 1 e 2.
Nel frattempo, l’ISSB (International Sustainability Standards Board) sta sviluppando uno standard globale più flessibile, pensato per essere adottato in vari contesti. Questo potrebbe portare a uno scenario in cui le imprese europee, soggette a normative più stringenti, si trovino in svantaggio rispetto ai competitor globali.
Il Pacchetto Omnibus potrebbe quindi rappresentare un tentativo di avvicinare le regole UE a uno standard più internazionale, evitando eccessivi squilibri nel mercato.
L’ESG resta una priorità, nonostante le incertezze
Nonostante le modifiche normative, la sostenibilità resta un pilastro strategico per le aziende. Al di là degli obblighi di legge, i consumatori, gli investitori e i partner commerciali richiedono sempre maggiore trasparenza sulle politiche ESG.
Le imprese più lungimiranti continueranno a investire nella sostenibilità per:
- Mappare i rischi climatici, evitando impatti negativi sulla supply chain.
- Garantire la resilienza aziendale, integrando criteri ESG nella strategia di lungo periodo.
- Mantenere un vantaggio competitivo, rispondendo alle aspettative del mercato.
Anche se il Pacchetto Omnibus offre un certo respiro alle aziende, il messaggio è chiaro: l’ESG non è un’opzione, ma una necessità per il futuro del business.
Conclusione: l’UE sta cercando di bilanciare la regolamentazione ESG tra trasparenza e semplificazione. Tuttavia, le aziende farebbero bene a non farsi trovare impreparate: indipendentemente dagli obblighi normativi, la sostenibilità è ormai un fattore decisivo per il successo nel mercato globale.